"Questa storia si svolge l'anno prossimo in Inghilterra". È questo l’incipit di “A come Andromeda”, miniserie televisiva della Rai trasmessa nel 1972 diretta da Vittorio Cottafavi e remake di una fiction della BBC uscita qualche anno prima.
Nel corso delle cinque puntate dello sceneggiato alcuni dei più celebri attori italiani dell’epoca – come Luigi Vannucchi, Paola Pitagora, Franco Volpi e Giampiero Albertini – sono alle prese con un misterioso segnale proveniente dalla galassia di Andromeda che, captato dal radiotelescopio più potente del mondo, si rileverà poi il primo contatto con una civiltà aliena.
Se nella finzione della serie tv il radiotelescopio è costruito nella placida campagna inglese, nella realtà si tratta invece di una delle grandi antenne del Centro spaziale del Fucino, che viene mostrata in tutti i suoi 30 metri di diametro durante la sigla d’apertura accompagnata dal celebre tema musicale firmato da Mario Migliardi.
Da Telespazio a Telemike
Nel 1987 il Centro spaziale del Fucino torna in TV in uno dei programmi più famosi e apprezzati dell’epoca, Telemike, condotto da Mike Buongiorno.
Durante la puntata speciale dell’ultimo dell’anno, il Fucino è in costante collegamento con gli studi di Canale 5 di Cologno Monzese, da dove si svolge la diretta.
“Dal Fucino ci sente veramente al centro del mondo”, esclama l’inviato Alessandro Ippolito all’inizio del collegamento. Non una semplice iperbole, ma un dato di fatto: dal Centro spaziale, infatti, si gestiscono le trasmissioni satellitari di numerosi canali televisivi nazionali e internazionali, connettendosi veramente in tutto il pianeta.
Ma non solo, perché nel corso della diretta viene mostrata – tra lo stupore dell’inviato e di Mike Buongiorno - anche un’immagine satellitare Landsat degli studi di Cologno Monzese: i primi passi di un’attività oggi a portata di click.
I misteri di "Sound"
Qualche anno più tardi, nel 1989, il Centro spaziale torna alla fantascienza con la miniserie “Sound”, diretta Biagio Proietti e con protagonisti l’attore americano Peter Fonda e una giovane Elena Sofia Ricci.
Nel corso delle due puntate trasmesse su Rai 2, Fonda è Roberto Lovari, immaginario ingegnere di Telespazio che durante il suo turno notturno al Fucino capta un indecifrabile segnale proveniente dallo spazio profondo. Da qui la storia si snoda tra alieni e viaggi nel tempo, sulle orme di film come “Incontri ravvicinati del Terzo Tipo” di Steven Spielberg e “Navigator”.
A differenza di “A come Andromeda”, in cui il Fucino è soprattutto lo sfondo di una vicenda ambientata lontano, in “Sound” il “Piero Fanti” e Telespazio diventano veri e propri interpreti della storia e delle prime sequenze dello sceneggiato, durante le quali spiccano le strutture e gli strumenti del sito della fine degli anni Ottanta: sia le grandi antenne illuminate a giorno ma anche gli apparati interni, oggi superati dalla digitalizzazione, ma che conservano ancora un suggestivo fascino vintage.
Spazio...alla musica
Nel 1993 c’è spazio anche per la musica e il Centro del Fucino quando appare nel videoclip del brano “Liberi” di Lucio Dalla, tratto dall’album Henna.
Nel video, uscito quando Telespazio era ancora una azienda del gruppo STET, le antenne del Centro e le immagini satellitari lì elaborate si alternano a immagini televisive e sequenze che, seguendo i versi del cantautore bolognese, divengono in crescendo sempre più ottimistiche e positive, fino alla scena finale in cui il protagonista cammina con le grandi parabole sullo sfondo.