Il progetto ReBUS studia come coltivare sulla Luna e su Marte

26 novembre 2021

Telespazio è parte del consorzio di università, enti di ricerca e aziende impegnato nello sviluppo del progetto ReBUS dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che ha l’obiettivo di comprendere come coltivare piante su altri corpi celesti utilizzando le risorse disponibili in loco.

Nel film “The Martian” Matt Damon, ormai lasciato solo su Marte, è costretto a piantare patate per sopravvivere. Anche se tutti noi ci auguriamo che i veri astronauti non debbano vivere le stesse traumatiche esperienze vissute dal Dr. Watney, è indubbio che per garantire la sostenibilità delle future missioni umane su altri corpi celesti, come i pianeti del sistema solare o la Luna, una parte consistente delle risorse dovrà essere prodotta direttamente in loco, come anticipato nel film di Ridley Scott.

Ed è proprio questo il campo di studio di ReBUS (In-Situ Resource Bio-Utilization per il supporto alla vita nello Spazio), il progetto nato in risposta ad un bando dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e presentato il 18 novembre scorso dopo i primi due anni di lavoro.

Oltre a Telespazio, ReBUS coinvolge università e centri di ricerca italiani, come l’Università di Napoli Federico II, coordinatrice del progetto, l’Università di Pavia, l’Università di Roma Tor vergata, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie e lo Sviluppo Economico (ENEA), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Superiore di Sanità, oltre che due delle maggiori aziende aerospaziali italiane come Thales Alenia Space Italia e Kayser Italia.

ReBUS nasce dalla consapevolezza che missioni di lunga durata sulla Luna o su altri pianeti del sistema solare dovranno per forza di cose produrre in situ almeno una parte delle risorse necessarie alla vita, come ossigeno, l’acqua o il cibo. Al momento, il principale avamposto umano nello Spazio – la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) – è regolarmente raggiunto da capsule cargo in grado di portare agli astronauti a bordo tutti i rifornimenti necessari.

Tuttavia, nel caso di missioni umane su altri pianeti, le distanze in gioco rendono tutto più complicato.

Mentre per la ISS la perdita di una singola navetta cargo è un problema grave ma tutto sommato risolvibile, nel caso di missioni su altri pianeti l’assenza di rifornimenti potrebbe mettere in serio pericolo gli astronauti presenti, che si troverebbero con una riserva sempre più scarsa.

Ed è proprio in quest’ottica che le piante diventano fondamentali: i vegetali, infatti, oltre a poter fornire direttamente cibo, consentono di convertire i rifiuti in risorse e innescare così un ciclo virtuoso di autoproduzione.

Una scena di "The Martian", con Matt Damon impegnato nella coltivazione delle patate sul suolo marziano. Per gentile concessione della 20th Century Fox. 

A differenza di “The Martian”, però, la realtà è più complessa e ad oggi ci sono ancora numerosi aspetti irrisolti nella coltivazione di vegetali fuori dal pianeta Terra.

Non è completamente chiaro, ad esempio, quale sia il ruolo della gravità alterata nella crescita o come le piante possano reagire alle radiazioni ionizzanti, che, schermate dal campo magnetico terrestre, arrivano in minima parte sul nostro pianeta. Ancora non è del tutto chiaro, inoltre, l’impatto che potrebbe avere sulla crescita dei vegetali un diverso ciclo giorno-notte, così come la loro adattabilità in terreni e substrati “particolari” – come quelli lunari e marziani, a cui manca l’ovvia componente organica e possono contenere sostanze, come i perclorati, che assorbite dalle piante risulterebbero tossiche per gli uomini.

Per rispondere a queste domande aperte, il consorzio del progetto ReBUS si è concentrato su tre principali aree di studio, ognuna con un suo obiettivo specifico.

In particolare, il primo filone di indagine, si propone di identificare le migliori specie da coltivare fuori dal pianeta Terra, di capire gli effetti delle avverse condizioni ambientali che si troveranno in loco, di definire il tipo di terreno e fertilizzante più adatto alla loro crescita e le migliori strategie di coltura.

In parallelo, il progetto ReBUS studia metodologie e tecniche per creare i fertilizzanti e terreni adatti a partire da materiali di scarto, siano essi avanzi di cibo o rifiuti organici umani, prodotti direttamente in loco, utilizzando microorganismi, da soli oppure in associazione, come consorzi batterici, fungini, ma anche insetti e cianobatteri, questi ultimi organismi capaci di sopravvivere e moltiplicarsi in ambienti estremi.

Infine, particolare attenzione è data all’analisi della qualità e della sicurezza del cibo prodotto e la relazione con il benessere degli astronauti.

Produrre cibo in una futura base lunare o marziana è quindi una sfida che presenta ancora numerose incognite e, in quest’ottica, la Stazione Spaziale Internazionale e, in futuro, il Gateway lunare, offrono enormi possibilità per studiare come i vegetali si comportano in ambienti diversi dalla Terra.

È per questo che ReBUS si propone di dare seguito alla fase di studio suggerendo alcuni nuovi esperimenti da svolgere direttamente in orbita o sulla Luna. Al momento, tra le varie proposte ci sono quelle riguardanti la possibilità di coltivare particolari varietà di piante edibili a bordo della ISS oppure l’utilizzo di utilizzare di suolo lunare in una delle prime missioni dello European Lunar Lander, uno dei primi programmi che probabilmente beneficerà dei servizi di comunicazione e posizionamento offerti da Moonlight. 

Telespazio, con la sua decennale esperienza nella preparazione ed esecuzione di esperimenti a bordo della ISS e di altre piattaforme microgravitazionali, è pronta a supportare il consorzio nel definire e nell’attuare le successive fasi del progetto per far sì che un giorno gli astronauti possano – chissà – mangiare patate coltivate su Marte.

Proprio come Matt Damon nella pellicola di Ridley Scott.

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