11 febbraio 2021
Gli anni Settanta si aprono all’insegna delle conquiste spaziali. Dopo lo sbarco sulla Luna, neanche il mondo del calcio riesce a resistere alla tentazione di prendersi il suo pezzetto di cielo: il pallone usato per i Mondiali di Messico ’70 non a caso si chiama Telstar, come il satellite che meno di un decennio prima aveva messo in comunicazione Europa e America.
È in questo clima che prende forma l’idea del primo satellite interamente progettato e costruito in Italia. Sirio (acronimo per Satellite italiano di ricerca industriale e operativa) ha come obiettivo lo studio delle onde radio ad alta frequenza al fine di sviluppare nuove possibilità per le comunicazioni telefoniche e televisive via satellite.
Concepito per durare due anni, Sirio resta operativo fino al 1987 quando viene spento dal Centro spaziale del Fucino
Per l’Italia è una sfida sotto diversi punti di vista. Il primo ostacolo da superare è la gestione delle infrastrutture di terra, un compito che il Consiglio nazionale delle ricerche nel 1974 affida a Telespazio, unica azienda italiana ad avere maturato esperienza in questo campo. Appena un anno dopo, Telespazio firma anche il contratto di lancio del satellite con razzo Delta 2313.
Il Satellite Sirio durante la fase di test al centro ESTEC dell'ESA, in Olanda
Nel frattempo però, la strada per Sirio è diventata più tortuosa: la NASA annuncia che non si occuperà più delle operazioni in orbita di satelliti stranieri. Una doccia fredda che per l’Italia si trasforma in un’occasione unica. Il CNR chiede e ottiene dal CNUCE (Centro nazionale universitario di calcolo elettronico) un gruppo di esperti da far lavorare direttamente al Goddard Space Center della NASA. I risultati si vedono il 25 agosto 1977, quando Sirio si stacca dalla rampa di Cape Canaveral.
“Avevo le dita fredde come ghiaccio quando ho dato il comando di accendere il motore di apogeo” ricorderà molti anni dopo Stefano Trumpy, Flight Operation Manager per il lancio e la messa in orbita geostazionaria.