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L’Italia nella rete: il futuro passa dal Centro spaziale del Fucino

Mentre il mondo tiene il fiato sospeso per Chernobyl, a Pisa si stabilisce la prima connessione alla rete americana. Anche grazie alle antenne di Telespazio. La sesta puntata del ciclo “A Space Story”.

In via di Santa Maria in Via a Pisa, sede del CNUCE, sono le sei del pomeriggio del 30 aprile 1986. “Ping” digita il tecnico informatico Antonio Blasco Bonito, “ok” è a risposta che in meno di un secondo arriva dagli Stati Uniti. Un dialogo fra macchine, apparentemente poco entusiasmante, che cela invece una rivoluzione: l’Italia è ufficialmente il quarto Paese in Europa a connettersi alla rete americana Arpanet, di lì a poco rinominata Internet.​​​​​​

Quel pomeriggio di primavera è l’ultimo atto di un di un progetto portato avanti da Luciano Lenzini e Stefano Trumpy, insieme allo stesso Bonito, per ben sei anni. Connettere il calcolatore di Pisa alla rete americana aveva richiesto la predisposizione di un’infrastruttura complessa, capace di veicolare il messaggio da un capo all’altro del mondo.

Quel Ping partito dal CNUCE aveva viaggiato attraverso un cavo telefonico dell’allora Sip e aveva raggiunto la stazione dell’Italcable ad Acilia. Da qui era stato reindirizzato al Centro Spaziale del Fucino, dove un’antenna di Telespazio tuttora funzionante l’aveva sparato verso il satellite Intelsat V e da qui alla destinazione finale, la stazione Comsat di Roaring Creek in Pennsylvania.

Un momento storico che passa del tutto inosservato. Gli occhi del mondo, e dei media, sono tutti concentrati sulla centrale nucleare di Chernobyl dove, appena quattro giorni prima, si è verificato uno dei più gravi incidenti di sempre.

Tempismo sfortunato, ma non solo. «La notizia non fu capita», avrebbero raccontato decenni più tardi i tre protagonisti. Loro stessi non immaginavano «quanto Internet avrebbe poi cambiato il mondo». La prova? A nessuno di loro venne in mente di scattare una foto per celebrare il momento.