I detriti spaziali sono un problema anche per i satelliti Galileo

04 maggio 2021

Nelle settimane scorse Spaceopal e l’European GNSS Agency hanno gestito un allarme per una possibile collisione tra un satellite Galileo e un frammento di razzo. È la prima volta che un satellite della costellazione europea di navigazione e posizionamento è costretto a manovrare per evitare un debris. Ma potrebbe non essere l’ultima.  

È il 25 febbraio 2021. I tecnici di Spaceopal ricevono per la prima volta un allarme dall’EU Space Surveillance and Tracking (EUSST), il consorzio che ha la responsabilità di sorvegliare e tracciare gli oggetti in orbita e salvaguardare così l’infrastruttura spaziale europea. I resti di un razzo Ariane 4 lanciato nel 1989 sono in rotta di collisione con GSAT0219, un satellite della costellazione europea di posizionamento globale Galileo: impatto previsto il 7 marzo.

“Dopo aver informato l’European GNSS Agency (GSA), l’Agenzia europea responsabile di Galileo, abbiamo avviato il monitoraggio continuo della predizione di collisione, coinvolgendo i nostri team operativi che hanno subito iniziato a lavorare su una possibile strategia di manovra” ci spiega Pierlugi Fedele, in Telespazio dal 1997, oggi Galileo Service Provision Manager di Spaceopal, la joint venture tra la stessa Telespazio e l’Agenzia spaziale tedesca DLR.

In qualità di Galileo Service Operator (GSOp), Spaceopal è responsabile di operare l’intera infrastruttura Galileo, sia i satelliti in orbita che il segmento di Terra, tramite due centri di controllo: quello del Fucino, in Italia, e quello di Oberpfaffenhofen, vicino Monaco di Baviera, in Germania.

Di fatto Spaceopal è il più grande operatore satellitare nel campo della navigazione e oltre a garantire l’erogazione dei servizi Galileo in tutto mondo, si occupa dell’intera gestione della costellazione, compresi i problemi come quello rappresentato dal rottame di Ariane 4.

“Nei giorni successivi all’alert di EUSTT – continua Fedele – abbiamo definito la strategia di manovra, valutando tutti gli aspetti di gestione di rimozione e rientro in servizio del satellite”. Ma è il 5 marzo che la situazione si sblocca.

Sulla base delle nuove previsioni e su nuovi dati aggiornati, il rischio di collisione viene infatti valutato ancora “non accettabile”. A quel punto, dopo aver finalizzato la strategia di manovra, GSA autorizza Spaceopal a procedere con la cosiddetta Collision Avoidance Manouver (CAM), la manovra necessaria per evitare la collisione. Lo stesso giorno il satellite viene sospeso dal servizio e il successivo, il 6 marzo, la CAM viene eseguita con successo, spostando lo spacecraft lontano dalla sua orbita “standard”.

“La manovra non ha comportato nessuno stop al servizio Galileo – ci racconta ancora Fedele - il sistema fornisce i suoi servizi grazie a una costellazione di 26 satelliti di cui 22 in servizio. C’è quindi sufficiente livello di ridondanza e lo stop temporaneo del segnale da uno dei satelliti non comporta alcun impatto per gli utenti, i quali sono stati informati di tutti i dettagli attraverso la pubblicazione del NAGU (Notice Advisory to Galileo Users) relativo sul sito”.

Tra il 9 e il 19 marzo, infine, il satellite è stato rimesso in servizio a seguito di due manovre cosiddette di station keeping, che lo hanno riportato nella sua orbita operativa. Anche in questo caso, gli utenti Galileo vengono avvisati dell’operazione (NAGU).

“La collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, siano essi istituzionali o industriali, è stata fondamentale per il completo successo della manovra, che per la prima volta è stata eseguita da un satellite Galileo”, spiega Fedele.

“Spaceopal, in particolare, ha gestito al meglio l'intero processo: dalla notifica del primo warning al monitoraggio continuo della predizione di impatto, dal coordinamento dei team operativi per la definizione della strategia di manovra fino analisi del rischio a ridosso dell'evento, oltre ad aver fornito tutti gli elementi che hanno portato alla decisione finale di effettuare la manovra”, aggiunge.

Il Ground Segment di Galileo comprende, oltre i due centri di controllo in Italia e in Germania, anche numerose strutture ed antenne sparse in tutto il mondo. Foto: ESA 

Un inconveniente sempre più frequente?

 

Il 2 settembre del 2019 il satellite dell’Agenzia Spaziale Europea Aeolus si era trovato in una situazione in parte simile a quella di GSAT0219.

In quel caso però, a essere in rotta di collisione con la missione europea, era un satellite commerciale capace di manovra, e non un inerte frammento di razzo. I due satelliti, inoltre, erano entrambi in orbita bassa terrestre (Low Earth Orbit, LEO, fino a circa 1000 chilometri di quota) e non in Medium Earth Orbit (MEO, intorno ai 22mila chilometri) come i Galileo e la maggior parte dei satelliti di navigazione.

Al di là delle differenze, tuttavia, è ormai opinione comune delle stesse Agenzie spaziali che il problema dei detriti spaziali stia diventando sempre più urgente.

“Nonostante l'orbita MEO presenti oggi meno inconvenienti in fatto di possibili collisioni, soprattutto se paragonata all'orbita geostazionaria (GEO) e LEO, con l'aumentare del numero di lanci spaziali ci aspettiamo un incremento esponenziale di detriti rappresentati dagli stadi dei lanciatori, che rimangono a fluttuare nello spazio proprio in quella porzione di orbita”, ci spiega Fedele. “Il numero delle potenziali collisioni tra detriti e satelliti tenderà ad aumentare e le operazioni come quella eseguita su GSAT0219 saranno sfortunatamente sempre più frequenti”, conclude.

Ed è proprio per questo che Telespazio è al lavoro per offrire ad operatori istituzionali e commerciali una suite sempre più completa di servizi di Space Domain Awareness.

Partendo dalle competenze acquisite negli anni in termini di operazioni satellitari, Telespazio propone un approccio integrato basato su servizi di Space Traffic Management e Space Intelligence.

Nel primo caso, si tratta di servizi che mirano ad una gestione ottimale del traffico orbitale, per ridurre il più possibile il rischio di collisioni, in analogia con quanto si fa per il traffico aereo.

Nel secondo caso, invece, l’elaborazione e la fusione di informazioni sempre più avanzate permette addirittura una caratterizzazione degli oggetti spaziali, anche non collaborativi. Infine, l’utilizzo di informazioni provenienti anche da sensori space-based potrà senza dubbio migliorare le performance di questi servizi in tempi di reattività e precisione.

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